Conservare sempre, conservare troppo.


Se c'è una cosa che certamente l'invenzione della fotografia ha portato all'ossessione più parossistica è la conservazione. Prima di tutto della fotografia stessa, ma per suo tramite anche di tutto quello che è stato preso da una fotocamera e ridotto in immagine.

Sembra che senza archivi smisurati dove vengono faticosamente, e costosamente, conservate milioni di fotografie di ogni tipo, sia nella forma materiale classica, sia in quella elettronica, qualcosa vada irrimediabilmente perduto. Un danno terrificante per l'umanità e la sua memoria collettiva.

A me pare una follia archivistica, che forse genera anche posti di lavoro e qualche risultato economico, ma che non è alla fine altro che è un'inutile resistenza allo scorrere del tempo. Assomiglia persino ad un rifiuto della vita, come flusso intendo.

Immaginiamo per un momento se oggi avessimo tutto dell'epoca di Aristotele. Ogni suo discorso, ogni sua parola, pronunciata in qualsiasi occasione. Ma non solo. Ogni parola detta da chiunque, ogni immagine, ogni scultura. Proprio tutto insomma. Anche l'enorme mole di quanto poteva serenamente essere dimenticato finita la sua funzione contingente. L'intasamento sarebbe tale da rendere persino impossibile ogni archiviazione di qualche utilità.

In realtà la memoria è tanto importante quanto l'oblio. Sulle lavagne piene di segni non si può aggiungerne di nuovi. La conservazione di qualcosa sarebbe bene che si limitasse al pochissimo che sia davvero indimenticabile. Assumendosi  con questo la responsabilità culturale e storica di scegliere. Scegliere di non scegliere, non è infatti un atteggiamento prudente, ma pilatesco. Lascia ai posteri la responsabilità e a loro volta loro la lasceranno ai posteri successivi. Via via fino al delirio nel quale ci sono più fotografie che istanti di vita reale vissuta.  In fondo, la rete oggi è un po' questo "archivio della dannazione" in cui nulla va perduto e per questo è più che perduto.

Che le fotografie passino pure e se ne perda ogni traccia. Resteranno solo quelle che di generazione in generazione giustificheranno la loro conservazione perché sentita come indispensabile. Le altre tornino pure da dove son venute: là, prima dell'apertura dell'otturatore. Così è la vita.



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