Puntuale come l'influenza.


Eccolo qua di ritorno.

Il circo mediatico del fotogiornalismo internazionale per eccellenza: Il World Press Photo, proprio come il classico malanno di stagione. E siccome l'aggressività di virus e batteri è in aumento, anche il WPP non fa eccezione. La formula per decidere quale sia la fotografia dell'anno è cambiata. Adesso abbiamo la rosa ristretta di candidati e solo allo show finale di Amsterdam (a proposito va rilevato che in effetti la città è davvero la sede più azzeccata per questo concorso), solo allora sapremo chi sarà il vincitore. Magari con la classica sospensione di qualche istante dell'annuncio per creare maggior pathos tra gli astanti. "The winner is...".

Uno show autoreferenziale per un settore in crisi nera da tempo. Il fotogiornalismo è da tanti anni diventato fotosensazionalismo nella battaglia persa sulla carta che si tenta di tornare a vincere sulla rete.

I giurati hanno dovuto esaminare 73.044 fotografie, scattate da 4.548 fotografi provenienti da 125 paesi. Nemmeno allo Stanley Kubrick di Arancia meccanica era venuta in mente una cosa talmente sadica.

Che senso ha tutto questo? Nessuno. O meglio è marketing. Questo post cade nella trappola e fa quello che al WPP si aspettano: che se ne parli, ovunque e comunque. Lo faccio volentieri lo stesso. L'influenza te la devi prendere e starci male fino a quando non ti passa. Ogni anno.

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