Mai completamente altrove.


Non sono così sicuro che possa esistere una linearità, una progressione storica verso un futuro. Anzi, non ne sono sicuro per niente. Esistono forse dei fatti che si susseguono, ma senza una logica davvero precisa. La storia mi si propone come un rotolamento, un rimbalzare incessante da un fatto ad un altro. Caotico, sì. Anche questa però è solo un’apparenza. Il caos è qualcosa che ancora non trova una spiegazione convincente. Nel susseguirsi dei fatti si possono riscontrare delle costanti, delle possibilità di senso. In genere sono illusorie, sono riflessi del desiderio di un senso. Per questo motivo, sopra ogni altro, per seguire questo desiderio incessante, inarrestabile, trovo particolarmente affascinante l’approccio storico. Qualcosa di insensato che intende raggiungere un senso. Il fascino che sento è contenuto nella provvisorietà delle conclusioni, sempre rimesse in discussione da nuovi fatti o dalla riconsiderazione dei fatti noti da punti di vista diversi.

La storia somiglia ad uno specchio deformante che a seconda delle angolazioni produce riflessi sempre sbagliati, ma proprio per questo utili a ridefinire le identità, a sondarne i limiti, le possibilità in esse contenute, ma inespresse.

La storia e le fotografie hanno davvero molto in comune. Tutto forse. La loro splendida incapacità di descrivere le cose per come sono, alterandone sempre qualcosa, ma nello stesso tempo la loro insostituibile capacità di relazionarsi con esse. Una distanza ravvicinata, mai però oltre una certa minima distanza di messa a fuoco. Questa distanza è la misura della condizione umana. Mai dove si vorrebbe essere, ma mai completamente altrove.




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