56 fotografe italiane alla Triennale.


Una grande festa, questa è la cifra inaugurale della mostra L'altro sguardo alla Triennale di Milano. C'è stato uno straordinario afflusso di persone, del tutto inatteso e che ha costretto persino a contingentare gli ingressi, per la prima collettiva di 56 fotografe che nel complesso delle opere esposte coprono ben mezzo secolo di fotografia italiana, dal 1965 al 2015.


Tra l'altro questa è la prima mostra di una nuovissima sinergia tra il MuFoCo e la Triennale, da poco entrata tra i soci del Museo, che prevede di portare a Milano le attività espositive più importanti lasciando a Cinisello Balsamo le attività di studio e le esposizioni di interesse specialistico.


All'origine di questa mostra, e non poteva essere diversamente, c'è una donna, tra le altre cose fotografa anch'essa: Donata Pizzi. Di recente la Pizzi ha deciso di attivarsi per dare spazio e riconoscimento ad una vena della fotografia italiana non ancora valorizzata come si dovrebbe, quella femminile. Lo strumento principale è stato quello della costituzione di una collezione privata, acquisendo direttamente dalle autrici le opere. Su questa base, Raffaella Perna ha potuto curare la mostra seguendo un ordine cronologico e ripartendo i lavori secondo quattro tematiche di fondo: Dentro le storie; Cosa ne pensi tu del femminismo?; Identità e relazione; Vedere oltre.


La prima cosa da dire è: non perdetevela. Al di là di ogni considerazione critica, si tratta di un evento dove la qualità è palpabile ed elevata. Alla mostra, per fortuna, è anche abbinato un catalogo ben redatto e stampato, ottimo strumento di studio quindi.


Per la mia formazione culturale, il genere di qualsiasi tipo, è un'arma a doppio taglio da usare il meno possibile o anche da evitare persino. In casi limitati, e per dare stimolo ad ulteriori approfondimenti, può tuttavia essere inevitabile servirsene. In questo caso specifico, dove c'è prima di tutto la qualità indiscutibile dei lavori, l'uso del genere "femminile" aiuta a far concentrare l'attenzione critica su un approccio al fotografico che va sicuramente indagato con maggiore attenzione e messo in relazione di merito e valore con quanto già sappiamo del lavoro "maschile" fin qui più che riconosciuto.


Proprio questo nostro tempo, che vede l'abbattimento incessante di ogni separazione metodologica e concettuale nel fare artistico, può essere il più fertile per ricucire finalmente anche lo strappo tra femminile e maschile nell'atto fotografico, andando alla pura e semplice ricerca di una personalità autoriale, non importa se incarnata da donne, uomini, singoli, collettivi o qualsiasi altra diversità venga in mente di scovare. Conta l'opera alla fine. Se c'è o non c'è, ma di questo scriverò in altri articoli.


In ultimo, un appunto che mi arriva da un amico: scarsissima la presenza di paesaggi in questa mostra. Preferenza della collezionista o tendenza poco praticata dalle fotografe italiane?



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