Il cantiere di Edoardo.


Nell'ambito della manifestazione libr@aria a Venaria Reale è avvenuta la presentazione del libro fotografico Landscape Materials di Edoardo Hahn, edito nella collana Urbanautica Collections per i tipi de L'Artiere. L'autore ha parlato del suo libro con Enzo Pertusio, presidente della Società Fotografica Subalpina di Torino.

Il libro contiene 90 fotografie selezionate dall'autore, in collaborazione con Steve Bisson, tra quelle prese con un vecchio modello di Hasselblad e pellicole negative a colori durante un suo recente viaggio nel nord della California.

Il riferimento diretto di Hahn per questo lavoro sono gli anni Settanta, così come li vediamo nelle fotografie di William Eggleston e Stephen Shore, con quelle cromie che oggi suonano vintage e sono intimamente legate ad un preciso momento tecnologico dell'industria fotografica americana.

I soggetti sono quelli tipici dell'inessenziale urbano, il backstage dell'American Way, inaugurato proprio in quegli anni e che contiene il seme del superamento del tradizionale documentarismo "positivista" verso un caleidoscopio percettivo fatto di soggettivismi più o meno frammentari e autobiografici. L'operazione di Hahn è quindi molto coraggiosa, perché rischia di venir confusa con quel citazionismo accademico dal quale siamo ormai pesantemente afflitti in questi anni di fotografi "che si vede che hanno studiato".

Hahn invece raggiunge, a mio avviso, lo scopo di interloquire con il passato senza sudditanze feticistiche e di spostare il problema più avanti. Verso la domanda su quale senso abbia oggi fotografare nei luoghi con in mente il concetto tradizionale di paesaggio, così come lo abbiamo ereditato dalla storia dell'arte e, in essa, del fotografico. Non propone risposte, ma mette bene in fila le domande giuste. Non a caso, il titolo si richiama ironicamente a quei materiali impiegati dai progettisti di giardini per costruire i loro mondi artificiali.

Edoardo Hahn apre un cantiere e vi porta i suoi primi materiali. Sta ora ad altri di non restare inerti al riparo di comode tradizioni e di provare a rispondergli proponendo la loro versione di cosa possa oggi essere un paesaggio in fotografia.

La sensazione che provo a caldo è che questo sia un libro importante, di quelli, almeno a livello di questa generazione, in grado di stabilire un prima e un dopo, per questo me lo sono prontamente comperato. L'editing libero, e ritmato secondo idee di tipo musicale, è qualcosa di pregevole ed un metodo seriale molto interessante su cui merita riflettere con attenzione.


Gli unici aspetti che mi lasciano davvero perplesso sono un paio di scelte grafiche: i bordi artificialmente arrotondati delle immagini e l'impaginazione, quando arriva a troncare grandi parti di alcune di esse. Mi appaiono come dei cedimenti alle mode del momento, che impongono ai libri di essere l'opera vera e propria a discapito del loro tradizionale ruolo di semplici contenitori, veicoli pratici ed economici per diffondere serialità fotografiche autonome.

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