Non è così assoluta.

Si vive talmente circondati da immagini automatiche da considerarle immagini e basta, come se il fatto che siano di matrice ottica non comportasse nessuna differenza sostanziale con qualsiasi altro tipo d'immagine.

Eppure il fatto che un'immagine sia la traccia visiva durevole di ciò che un sistema ottico può prelevare dalla luce contiene un preciso risvolto ideologico che finisce per condizionare il pensiero umano, quando non se ne sia consapevoli.

Vedere è un'attività complessa che coinvolge tutto il corpo a partire dagli occhi. L'elaborazione che il cervello realizza a velocità incommensurabile tiene però conto non solo di ciò che arriva dai nervi ottici, ma anche delle altre informazioni sensoriali. I movimenti stessi del corpo influiscono sulla sintesi che chiamiamo "vedere".

Tutta questa complessità sempre in azione con un dinamismo sorprendente non è riducibile alla sola componente ottica. Una fotografia questo fa. Opera una riduzione di complessità, abolendo dinamismi, informazioni sensoriali, tridimensionalità, tempo. Tutto si riduce alla proiezione su un piano di un cono visivo.

Ecco che questa riduzione produce una conoscenza ideologica del mondo. Una supremazia scopica che nell'esperienza umana delle cose non è così assoluta. 


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