Mi ritrovai per una Toscana oscura.


©1965, Gianni Berengo Gardin, "Toscana".
Il discorso sarebbe lungo e complesso. Tagliandolo via alla grossa, in primo luogo vorrei sottolineare la pessima qualità pubblicitaria della campagna "DIVINA TOSCANA" (http://www.lanazione.it/cronaca/2014/02/07/1022355-divina-toscana-scaletti-regione.shtml#1). La colpa è sì dell'agenzia romana che l'ha partorita, ma soprattutto dell'assessore regionale competente, e dei funzionari che lo consigliano, per averla approvata, diffusa e pagata con soldi pubblici.

Detto questo, l'uso della fotografia a fini pubblicitari è sempre stato soggetto all'impiego di droghe pesanti per ridurre se non eliminare la ribelle natura analitica e automatica di questo tipo di immagine. Solo a prezzo di notevoli interventi manuali si può costringere una fotografia a comportarsi visivamente come un'illustrazione, portando in più il suo vantaggio "certificatorio" per come viene, o meglio veniva, vissuto dai più. Scrivo veniva perchè oggi nessuno crede che le illustrazioni a base fotografica siano rispondenti in un qualche modo al "vero".

La Toscana che ci viene proposta non esiste così come viene presentata e tutti lo sanno, persino quei creduloni degli statunitensi immagino. E allora? A che gioco giochiamo? Alla competizione tra fiabe ricreative. La Toscana si propone come Disneyland, in competizione con migliaia di altre, per attrarre i soldi di chi non cerca altro che di giustificare una vita di routine con dei "momenti eccezionali", anche lasciandosi fintamente abbindolare. L'importante è poter rientrare al lavoro e vantarsi con i colleghi. Quello è rigenerante, non l'aver vissuto qualcosa di davvero importante per se stessi. Il target è quindi chiaro: vacanze per poveri di spirito e loro invidiosi conoscenti. E quante ce ne sono di proposte così?

La fotografia con tutto questo gioca ormai una partita marginale. Sì, serve ancora a far vedere grandi resort incantati dove ci sono piccoli edifici malfatti davanti a mari qualsiasi, ma sempre di meno. I turisti vanno, vedono e capiscono la fregatura, ma non lo dicono in giro, mica vogliono passare per fessi. Anzi, imparano e fanno con i loro smartphone l'imitazione vernacolare di quanto visto sui cataloghi e i manifesti.

Non basta più però, le droghe danno assuefazione e chiedono dosi sempre maggiori per continuare a provocare almeno stordimento. Ecco che arriva l'HDR spinto, i fotomontaggi impossibili, i colori così supersgargianti che più non si può. Eccoci arrivati in fondo. Una fotografia fatta da un Gianni Berengo Gardin, o da altri grandi fotografi documentaristi e ce sono ancora tanti, con tutta la loro sensibilità per il paesaggio anche nelle contraddizioni che rivela, è oggi poca cosa, anzi non è niente per un cervello bruciato dalle droghe visive. Non funzionano, non suscitano nessuna "emozione monetizzabile".

Consiglio: bevete acqua pura e state lontani dalle droghe visive, aiutandovi anche con delle fotografie che siano ancora tracce ottiche di quello che un onesto fotografo di talento ha saputo percepire durante un momento della sua vita.

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