Ciao Ando!


© Fototeca Storica Nazionale Ando Gilardi. Tutti i diritti riservati.

Ho avuto la fortuna di leggerti tanto e in tanti posti. Persino ultimamente di scambiare pensieri con te sul blog di Michele Smargiassi e su Facebook. Sei parte del mio pensare, ti porto nella mente. Le cose che dico e insegno contengono idee che tu mi aiuti a precisare. Non sei morto nella mia mente. Il corpo, si sa, prima o poi ci tocca lasciarlo, ma le idee no, quelle corrono libere finché ci sarà una mente umana in grado di contenerle. Il tuo testimone ora è nelle mani di chi respira ancora. Passerà per molti, moltissimi altri respiri, anche di quelli che non sono nemmeno stati concepiti. Grazie Ando e arrivederci, prima o poi.

Pubblico qui di seguito "il testo migliore della tua vita" che hai scritto in occasione del 90° compleanno.


8 giugno 2011

Oggi compio 90 anni e questo è il testo migliore della mia vita e posso e pare uno scherzo diffonderlo nella scrittura di 1.300.000 di uomini …

Non fotografare gli straccioni, i senza lavoro, gli affamati.
Non fotografare le prostitute, i mendicanti sui gradini delle chiese, i pensionati sulle panchine solitarie che aspettano la morte come un treno nella notte.
… Non fotografare i neri umiliati, i giovani vittime delle droga, gli alcolizzati che dormono i loro orribili sogni. La società gli ha già preso tutto, non prendergli anche la fotografia.
Non fotografare chi ha le manette ai polsi, quelli messi con le spalle al muro, quelli con le braccia alzate, perchè non possono respingerti.
Non fotografare la suicida, l’omicida e la sua vittima.
Non fotografare l’imputato dietro le sbarre, chi entra o esce di prigione, il condannato che va verso il patibolo.
Non fotografare il carceriere, il giudice e nessuno che indossi una toga o una divisa. Hanno già sopportato la violenza non aggiungere la tua. Loro debbono usare violenza, tu puoi farne a meno.
Non fotografare il malato di mente, il paralitico, i gobbi e gli storpi.
Lascia in pace chi arranca con le stampelle e chi si ostina a salutare militarmente con l’eroico moncherino.
Non ritrarre un uomo solo perchè la sua testa è troppo grossa, o troppo piccola, o in qualche modo deforme.
Non perseguitare con i flash la ragazza sfigurata dall’incidente, la vecchia mascherata dalle rughe, l’attrice imbruttita dal tempo. Per loro gli specchi sono un incubo, non aggiungere le tue fotografie.
Non fotografare la madre dell’assassino e nemmeno quella della vittima. Non fotografare i figli di chi ha ucciso l’amante, e nemmeno gli orfani dell’amante. Non fotografare chi subì ingiuria: la ragazza violentata, il bambino percosso.
Le peggiori infamie fotografiche si commettono in nome del diritto all’informazione. Se è davvero l’umana solidarietà quella che ti conduce a visitare l’ospizio dei vecchi, il manicomio, il carcere, provalo lasciando a casa la macchina fotografica.
Non fotografare chi fotografa; può darsi che soddisfi solo un bisogno naturale.
Come giudicheremmo un pittore in costume bohémien seduto con pennelli, tavolozza e cavalletto a fare un bel quadro davanti alla gabbia del condannato all’ergastolo, all’impiccato che dondola, alla puttana che trema di freddo, ad un corpo lacerato che affiora dalle rovine?? Perchè presumi che il costume da free-lance, una borsa di accessori, tre macchine appesa al collo e un flash sparato possano giustificarti?


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