La lotta interiore

"Appunti per gli occhi" ©2009 Fulvio Bortolozzo.

Nei periodi di crisi sociale, la fotografia, intesa come arte, può sembrare una fuga dalla realtà; troppo spesso, infatti, essa appare lontana dai drammi della vita quotidiana. Penso a Stieglitz, che nei momenti peggiori della Depressione faceva vedute di New York di una bellezza glaciale, dall'alto dell'Hotel Shelton, o a Ansel Adams che fotografava la Sierra mentre in Europa si combatteva la seconda guerra mondiale.

Di fronte a fatti del genere alcuni critici hanno chiesto una fotografia "impegnata", intendendo con questo una fotografia che si occupasse proprio delle sventure sociali. Pochi fotografi però hanno accettato l'uso dell'aggettivo "impegnato" per distinguere un artista da un altro, ben consapevoli che l'arte è sempre il prodotto di un impegno. Essi sono convinti che l'arte abbia un'utilità sociale, che sta nella sua natura di infonderci coraggio. Se la situazione sociale è tale da farci dubitare che via sia un senso, l'arte che attraverso la forma indica un significato riguarda il problema del nichilismo ed è socialmente utile.

Anche la fotografia, dunque, si occupa del male, ma per convincerci del valore della vita; l'oscurità che combatte è proprio la convinzione che la vita non abbia valore e che sia meglio uscirne. Vale a dire che l'arte porta avanti una sua lotta interiore, mentre il giornalismo, spesso, ne riporta solo le conseguenze esteriori.

(Robert Adams, La bellezza in fotografia)


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